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Sfruttamento lavorativo in catena di abbigliamento: il caso svelato

Indagine rivela sfruttamento lavorativo in catena di abbigliamento con dipendenti giovani e retribuzioni al di sotto del minimo legale.

Sfruttamento lavorativo in catena di abbigliamento: il caso svelato

Un caso di presunto sfruttamento lavorativo è emerso durante un’indagine condotta dall’ispettorato del lavoro presso una catena di abbigliamento gestita da un 51enne napoletano, con punti vendita situati nei centri commerciali II Maestrale di Senigallia e Le Grotte a Camerano, nelle Marche.

I dipendenti, che lavoravano 40 ore settimanali senza ferie né giorni di riposo, venivano retribuiti solamente per metà, con un contratto part-time che garantiva loro un salario di 900 euro al mese, corrispondente a meno di 4 euro all’ora in media.

L’imputato è stato assolto dal tribunale di Ancona dal reato di sfruttamento del lavoro, in quanto non è stata riscontrata una condizione di bisogno da parte dei dipendenti, che avrebbero potuto licenziarsi se avessero ritenuto di essere sfruttati, a meno che il lavoro non fosse stato essenziale per loro.

Le indagini condotte tra luglio 2018 e ottobre 2019 hanno rivelato che i dipendenti, assunti con contratti part-time per 24 ore settimanali, lavoravano effettivamente oltre 40 ore settimanali, senza beneficiare di giorni di riposo né delle ferie annuali. I controlli sono scattati a seguito di una segnalazione nel 2018 sul gruppo di vendita, coinvolgendo punti vendita in tutta Italia.

I dipendenti coinvolti nelle indagini erano per lo più giovani sotto i 30 anni, molti dei quali provenienti dal sud Italia e trasferitisi per poter lavorare presso i negozi della catena di abbigliamento.