Economia

Privatizzazione di Poste Italiane: prospettive e critiche

Il ministro Giorgetti annuncia la cessione del 29,7% di Poste Italiane per 4,4 miliardi. La privatizzazione suscita dibattito su impatti finanziari e strategia industriale.

Privatizzazione di Poste Italiane: prospettive e critiche

La cessione dell’intera quota di Poste Italiane detenuta dal ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), pari al 29,7%, frutterebbe allo Stato 4,4 miliardi di euro. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha reso nota questa cifra davanti alle commissioni Bilancio e Trasporti di Camera e Senato, riunite per discutere il decreto di privatizzazione di Poste. Questa operazione è parte del piano sulle privatizzazioni annunciato recentemente dal governo, che dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 20 miliardi di euro.

Attualmente, l’azienda è posseduta in parte dal Mef e in parte da Cassa depositi e prestiti, che detiene il 35% delle azioni (anche se è controllata a sua volta dal Mef); un altro 22% è detenuto da investitori istituzionali e il 13% da investitori retail.

Il decreto prevede la cessione di una ulteriore quota della partecipazione diretta del ministero, che però dovrà garantire che lo Stato mantenga una partecipazione al capitale non inferiore al 35%, anche attraverso società controllate dal ministero dell’Economia.

Il ministro Giorgetti ha sottolineato che non è corretto parlare di svendita, ma che il governo valuterà le condizioni e i tempi per massimizzare le entrate a beneficio del bilancio pubblico. L’operazione potrà avvenire in più fasi, con l’obbligo che almeno il 35% delle azioni resti nelle mani dello Stato, quindi del Mef o di Cassa depositi e prestiti. Attualmente, lo Stato possiede circa il 64% dell’azienda.

Giorgetti ha indicato che il governo potrebbe fermarsi al 51% nelle prime fasi, ritenendo tale percentuale soddisfacente per il momento. Ha inoltre sottolineato che la cessione avrà effetti positivi sul debito pubblico, consentendo una riduzione degli interessi e potenzialmente migliorando la fiducia degli investitori verso l’Italia, con conseguente impatto positivo sullo spread e sul costo del debito, con un risparmio stimato di 200 milioni di euro su interessi passivi.

Per Antonio Misiani, senatore e responsabile economico del Pd, l’operazione è economicamente insensata. Misiani ha evidenziato che il ministro Urso aveva garantito il mantenimento di una partecipazione pubblica al 51%, sollevando dubbi sulla coerenza del governo. Ha inoltre sottolineato che il risparmio derivante dalla riduzione degli interessi sul debito sarà inferiore ai dividendi incassati dal Mef, confermando le perplessità riguardo alla privatizzazione.

Infine, Misiani ha criticato la privatizzazione come una mossa disconnessa da una strategia di politica industriale, sollevando preoccupazioni sull’occupazione e sulla rete di uffici sul territorio di un’azienda che svolge un servizio pubblico universale e una funzione sociale nel Paese.

Staff
  • PublishedMarch 27, 2024