Economia

Crisi salariale in Europa: l’Italia fanalino di coda

Analisi dell'Ocse sui salari europei post-pandemia

Crisi salariale in Europa: l’Italia fanalino di coda

I salari reali dei lavoratori dipendenti nei Paesi europei non si sono ancora ripresi dalla crisi pandemica. Solo in 8 Stati dell’Unione Europea gli aumenti salariali hanno permesso ai lavoratori di recuperare il potere d’acquisto perso a causa dell’inflazione dal 2019, prima della pandemia di Covid. L’Italia, al contrario, si distingue per essere il fanalino di coda nella crescita dei salari, con ogni lavoratore italiano che ha perso in media 1.000 euro all’anno tra il 2019 e il 2022.

Il quadro generale emerge dall’ultimo rapporto dell’Ocse, che indica una crescita degli stipendi nel Vecchio Continente dopo due anni di declino, ma in diversi Paesi i salari non hanno ancora raggiunto i livelli del 2019. Nel terzo trimestre del 2023, in 25 dei 35 Paesi analizzati si è registrato un aumento medio dello 1,4%, ma in 20 di essi l’aumento non ha raggiunto i livelli del quarto trimestre del 2019.

Le dinamiche dei salari sono influenzate dallo stop dell’economia globale durante la pandemia e dalla successiva inflazione, alimentata dalla crisi energetica che ha colpito l’Europa a partire dal 2021. Il modesto miglioramento dei salari è in gran parte dovuto al rallentamento dell’inflazione. I salari minimi sono aumentati in quasi tutti i Paesi membri dell’Ocse, con un incremento medio del 9% rispetto a cinque anni fa.

La situazione in Europa è stata mitigata dagli interventi governativi, resi possibili dal rilassamento delle norme sugli aiuti di Stato. Tuttavia, il biennio 2021-2022 è stato particolarmente negativo per le economie dell’Unione Europea, con i salari che stanno tornando a crescere insieme all’occupazione, ma senza ancora raggiungere i livelli pre-pandemici.

Nel 2022, i salari medi annui erano più bassi rispetto a cinque anni prima in 12 Paesi dell’UE, aumentando le disparità salariali tra gli Stati. Le variazioni percentuali più significative si sono registrate in Lettonia (+6,8%) e Lussemburgo (+5,3%), mentre i cali più drastici sono stati in Cechia (-7,2%) e Grecia (-5,9%).

Il Lussemburgo ha mantenuto gli stipendi più alti nel blocco, con un reddito medio annuo nel 2022 di quasi 75.000 euro, mentre in Grecia si è raggiunto un valore di soli 28.000 euro. Questo divario ha portato i lavoratori lussemburghesi a guadagnare tre volte di più rispetto a quelli greci nel 2022. L’Italia si trova all’undicesimo posto della classifica, con uno stipendio medio di circa 42.000 euro nel 2022, in calo rispetto ai 43.000 euro di cinque anni fa.

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Staff
  • PublishedMay 2, 2024