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La controversia della Corte penale internazionale su Netanyahu e Hamas

Effetti politici e reazioni alla richiesta di mandato d'arresto

La controversia della Corte penale internazionale su Netanyahu e Hamas

Sulla carta, essere condannati dalla Corte penale internazionale (Cpi) per crimini di guerra e contro l’umanità dovrebbe essere motivo di estrema preoccupazione e, se si è alla guida di un Paese, un valido motivo per rassegnare le dimissioni, almeno in una democrazia. Tuttavia, la richiesta del procuratore capo della Cpi di emettere un mandato d’arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e per il suo ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha avuto un effetto inaspettato, rafforzando la posizione del leader di Tel Aviv sia nella politica interna che nei rapporti con gli alleati, soprattutto gli Stati Uniti. Questo avviene in un momento critico in cui la leadership di Netanyahu era già sotto pressione.

La decisione del procuratore capo della Cpi, Karim Khan, di emettere lo stesso mandato per i tre leader di Hamas (Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh) ha suscitato indignazione e proteste anche tra i critici più accesi del premier israeliano. Il parallelo tra un primo ministro democraticamente eletto e un’organizzazione terroristica è stato interpretato a Tel Aviv come un affronto non solo a Netanyahu, ma a tutto Israele.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha dichiarato: “I mandati di arresto della Corte penale internazionale sono un completo fallimento morale. Non possiamo accettare il paragone oltraggioso tra Netanyahu e Sinwar, tra i leader di Israele e i leader di Hamas”.

La situazione politica di Netanyahu era già precaria nelle ultime settimane, con proteste sempre più forti da parte dei familiari degli ostaggi detenuti da Hamas a Gaza, che erano indignati per l’atteggiamento del governo riguardo alla trattativa per il loro rilascio. Inoltre, le pressioni internazionali, comprese quelle degli alleati più stretti come il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il premier britannico Rishi Sunak, chiedevano a Netanyahu di evitare un’offensiva a Rafah che avrebbe potuto causare ulteriori vittime civili tra i palestinesi.

Il generale in pensione Benny Gantz, una figura di spicco della politica israeliana, ha criticato pubblicamente i piani di Netanyahu per la gestione della Striscia di Gaza dopo la guerra. La richiesta della Cpi ha portato Gantz a condannare i parallelismi tra i leader di uno Stato democratico che si difende dal terrorismo e i leader di un’organizzazione terroristica come Hamas, definendoli una distorsione della giustizia. Anche i parenti degli ostaggi e il presidente Biden hanno respinto le accuse del procuratore Khan come oltraggiose.

Nonostante le previsioni degli esperti che indicano un rafforzamento della posizione di Netanyahu a seguito della mossa della Cpi, non è garantito che questo sostegno indiretto lo proteggerà a lungo dalle critiche interne ed esterne. Alcuni Paesi occidentali, come il Belgio, non hanno condannato il mandato di arresto per i due politici israeliani, mentre Francia e Germania, pur esprimendo dubbi sulla richiesta del procuratore Khan, hanno difeso il ruolo della Cpi.

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