Emergenza suicidi in carcere: la crisi del sistema penitenziario italiano
Sovraffollamento, carenza di personale e mancanza di assistenza: la situazione critica
Ancora un tragico episodio di suicidio si è verificato ieri sera a Regina Coeli, Roma, dove un detenuto di 31 anni di origini pachistane, in attesa di giudizio per rapina e lesioni, si è impiccato. Questo è il 39esimo caso di suicidio di un detenuto dall’inizio dell’anno, un’escalation di morti che colpisce il sistema carcerario in un contesto di apparente indifferenza politica.
Regina Coeli, noto per il sovraffollamento, ospita attualmente 1.140 detenuti, ben oltre la capienza regolamentare di 628 posti. Con poco più di 300 membri della polizia penitenziaria in servizio, quando ne sarebbero necessari almeno il doppio, il carcere rappresenta un simbolo della disfunzionalità e della crisi del sistema carcerario italiano.
Il segretario del sindacato Gennarino De Fazio sottolinea come la politica prevalente sembri disinteressarsi al tema penitenziario, che non trova spazio neppure durante la campagna elettorale, a meno che non coinvolga direttamente un politico o una figura di rilievo.
Secondo la Uilpa, il sovraffollamento carcerario ha raggiunto il 130%, con una carenza di personale della Polizia penitenziaria stimata in almeno 18.000 unità. Inoltre, l’assistenza sanitaria e psichiatrica rappresentano un problema di dimensioni enormi, spesso trascurato rispetto alle problematiche del sistema sanitario nazionale.
Il sindacato ribadisce la necessità di interventi urgenti da parte del ministro della Giustizia e del governo per affrontare l’emergenza senza precedenti, attraverso la riduzione del sovraffollamento, l’assunzione di personale e il potenziamento dei servizi sanitari all’interno delle carceri.
Il numero dei suicidi in carcere nel corso dell’anno è salito a 39, a cui vanno aggiunti quattro agenti deceduti. Si tratta di una crisi senza precedenti per il sistema penitenziario italiano, spesso trascurata dall’opinione pubblica. È necessario aumentare l’assistenza psichiatrica e adottare misure alternative al carcere per coloro che non rappresentano un pericolo per la società.
I sindacati degli agenti sottolineano che uno Stato che non garantisce la sicurezza e il benessere delle persone detenute e del personale penitenziario non può definirsi civile. È urgente intervenire sull’organizzazione delle carceri, aumentando il numero di professionisti dedicati al supporto psicologico e sociale dei detenuti.
Samuele Ciambriello, portavoce nazionale della Conferenza dei garanti locali dei detenuti, ha evidenziato la necessità di riforme strutturali per promuovere l’inclusione sociale e il reinserimento lavorativo dei detenuti, sottolineando che il carcere non dovrebbe essere considerato come un male inevitabile, ma come un luogo in cui intervenire educativamente e socialmente.