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Il caso Vannacci-Egonu: libertà d’opinione contro diffamazione

Il giudice archivia l'accusa di diffamazione, ma il processo per istigazione all'odio razziale continua

Il caso Vannacci-Egonu: libertà d’opinione contro diffamazione

Il giudice per le indagini preliminari, Alessandro Dal Torrione, ha stabilito che Roberto Vannacci non ha diffamato Paola Egonu con le frasi contenute nel libro “Il mondo al contrario”. La procura di Lucca aveva accusato Vannacci di diffamazione nei confronti della campionessa, ma il giudice ha archiviato l’accusa, sostenendo la vittoria della libertà d’opinione.

Nel volume del neo-europarlamentare della Lega, si legge che, nonostante Paola Egonu sia italiana di cittadinanza, i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità. Questa frase ha generato polemiche, ma il giudice ha ritenuto che non superi il limite della continenza per essere considerata offensiva nei confronti della campionessa azzurra.

Le motivazioni dell’archiviazione sottolineano che non vi è volontà da parte di Vannacci di denigrare, sminuire o attaccare la persona di Egonu. Il gip ha anche respinto ulteriori indagini richieste dalla difesa della campionessa, ritenendole non necessarie per una diversa valutazione dell’accusa.

Il difensore di Vannacci, Massimiliano Manzo, ha commentato positivamente l’esito del procedimento, sottolineando la vittoria della libertà di opinione. Dall’altra parte, il legale di Egonu ha definito l’archiviazione una decisione inaccettabile e ha annunciato la valutazione di ulteriori azioni legali.

Nonostante l’archiviazione nel caso civile, Vannacci rischia un processo al tribunale militare di Roma per presunta istigazione all’odio razziale. Il gip ha respinto la richiesta di archiviazione in questo caso e ha fissato un’udienza per il prossimo 25 settembre. Il procedimento è legato alle affermazioni su minoranze e “normalità” presenti nel libro “Il mondo al contrario” e ha scatenato denunce da parte del Sindacato dei militari e dell’associazione Tripla Difesa.

L’avvocato di Vannacci, Giorgio Carta, ha dichiarato di non comprendere la decisione del gip, poiché ritiene che la fattispecie contestata non costituisca un reato militare.