Scienze

Monitoraggio dell’inquinamento marino tramite satelliti: una nuova frontiera

Utilizzo di supercomputer e algoritmi per individuare la plastica galleggiante in mare

Monitoraggio dell’inquinamento marino tramite satelliti: una nuova frontiera

Ogni secondo, un camion carico di plastica finisce nei mari di tutto il mondo, contribuendo a un totale annuale di oltre 12 milioni di tonnellate di rifiuti plastici che inquinano gli oceani. Una volta dispersa in mare aperto, la plastica diventa difficile da tracciare. Tuttavia, monitorare il destino di questi rifiuti è fondamentale per pianificare azioni di pulizia e mitigazione dell’inquinamento marino.

Un recente studio condotto dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) ha proposto una soluzione innovativa per individuare la plastica galleggiante sulla superficie marina. Utilizzando supercomputer e algoritmi avanzati, è stata sviluppata una strategia che sfrutta le immagini satellitari per identificare le formazioni di plastica in mare.

Per essere rilevata dai satelliti, la plastica deve aggregarsi in strutture galleggianti chiamate windrows, chiazze, strisce o andane, che possono estendersi per decine di chilometri. Queste formazioni sono il risultato della convergenza delle correnti marine e rappresentano un indicatore significativo di inquinamento in un’area specifica.

Lo studio, pubblicato su Nature Communications e condotto in collaborazione con l’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Lerici, ha dimostrato che la presenza di queste chiazze di plastica può essere utilizzata per tracciare mappe dell’inquinamento marino e monitorare l’evoluzione della situazione nel tempo.

Utilizzando una vasta serie di 300.000 immagini satellitari ad alta risoluzione spaziale, acquisite dai satelliti Sentinel-2 del programma Copernicus ogni tre giorni per sei anni, è stata creata la mappa più dettagliata mai realizzata dell’inquinamento da plastica nel Mar Mediterraneo. Nonostante i sensori dei satelliti non siano progettati per rilevare i rifiuti, l’analisi delle immagini satellitari tramite supercomputer e algoritmi sofisticati ha permesso di ottenere risultati accurati.

rifiuti mare
La mappa dei rifiuti di plastica presenti nel Mediterraneo realizzata con le immagini satellitari

Secondo Stefano Aliani, direttore di ricerca ed oceanografo del Cnr-Ismar, individuare aggregati di rifiuti sulla superficie del mare è una sfida simile a cercare aghi in un pagliaio. Nonostante le limitazioni dei satelliti non specializzati, è stato possibile identificare le aree più inquinate e monitorarne i cambiamenti nel tempo, come ad esempio l’aumento di rifiuti durante i temporali.

Una delle potenzialità di questa nuova tecnica di monitoraggio è la capacità di valutare l’efficacia delle misure adottate per contrastare l’inquinamento marino. Un esempio è rappresentato dalle barriere acchiappa rifiuti installate lungo il fiume Tevere a Roma dal 2019. Utilizzando i dati satellitari, è stato confermato che tali barriere hanno contribuito a ridurre del 38% la presenza di rifiuti nelle acque vicino alla città.

Giuseppe Suaria, ricercatore del Cnr-Ismar di Lerici, sottolinea che l’implementazione di un sensore ad alta risoluzione dedicato al rilevamento di oggetti galleggianti potrebbe migliorare notevolmente la capacità di monitoraggio dell’inquinamento marino. Questa tecnologia potrebbe essere utile anche per altre applicazioni, come il monitoraggio degli sversamenti di petrolio, le perdite di carico dalle navi e le operazioni di ricerca e salvataggio in mare.