Cronaca

Riforma legge stupro: il caso di Raffaele Meola

La sentenza che scuote l'Italia e l'appello per una nuova legge sulla violenza sessuale

Riforma legge stupro: il caso di Raffaele Meola

La Corte di Appello di Milano ha confermato l’assoluzione pronunciata dal tribunale di Busto Arsizio nel gennaio 2022 nei confronti dell’ex sindacalista Raffaele Meola, accusato di violenza sessuale sul luogo di lavoro ai danni di una donna, hostess. Secondo i giudici, la vittima avrebbe reagito all’aggressione sessuale dopo 20 secondi, non dando prova del suo dissenso. Meola era in servizio a Malpensa all’epoca dei fatti e l’hostess si era rivolta a lui nel marzo 2018 per una vertenza sindacale.

In primo grado, il presidente del collegio Nicoletta Guerrero spiegò, dopo il verdetto di assoluzione, che la vittima è stata creduta ma che non era stata raggiunta la prova in dibattimento su quanto denunciato dalla hostess. La Corte ha rigettato l’appello proposto dalla Procura e dall’avvocata Maria Teresa Manente, responsabile dell’ufficio legale dell’associazione Differenza Donna che ha seguito il caso.

Per i giudici di secondo grado, quei 20 secondi di passività sarebbero bastati a non dare prova del dissenso della hostess. Maria Teresa Manente sottolinea che la sentenza riporta indietro di 30 anni e rinnega tutta la giurisprudenza di Cassazione che afferma che un atto sessuale compiuto senza accertarsi del consenso della donna è reato di violenza sessuale e come tale va giudicato.

Questa vicenda giudiziaria evidenzia l’urgenza di una riforma della norma prevista dall’articolo 609 bis del codice penale che definisca in maniera chiara che il reato di stupro è qualsiasi atto sessuale compiuto senza il consenso della donna. Anche il comitato Cedaw con la decisione A.Fois contro Italia 2022 ha raccomandato all’Italia di intervenire su questa norma indicando il consenso all’atto sessuale quale elemento essenziale per la valutazione del reato.

L’onere di provare il consenso della donna all’atto sessuale deve essere fornito dall’imputato. Attualmente, l’attuale legge, unitamente a una giurisprudenza non specializzata, favorisce la vittimizzazione secondaria delle donne che denunciano e ciò è inaccettabile. Secondo Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, la sentenza è la riprova di quanto la legge 66/96 sia motivo di gravi e continue violenze istituzionali.

Rifiutiamo una democrazia che impedisce di fatto alle donne l’ottenimento di giustizia a seguito di stupro. Chiediamo con urgenza una nuova legge con parametri evoluti di giustizia senza più avere le nostre istituzioni contro.