Impatto delle restrizioni sull’aborto: aumento della mortalità neonatale in Texas
Studio evidenzia conseguenze della legislazione antiabortista sulle nascite e la salute infantile
L’aborto è diventato uno dei temi centrali della campagna elettorale negli Stati Uniti. A due anni esatti dalla decisione della Corte Suprema a trazione trumpiana di ribaltare la sentenza Roe contro Wade, che garantiva il diritto all’aborto a livello federale, è il momento ideale per fare una riflessione approfondita. Recentemente, uno studio pubblicato su Jama Pediatrics ha analizzato l’andamento della mortalità neonatale in Texas dopo l’entrata in vigore di una delle leggi più restrittive sugli aborti negli Stati Uniti, evidenziando un preoccupante aumento dei decessi nel primo anno di vita.
Il Texas si è distinto per essere uno stato in cui valutare gli effetti sulla salute dei cambiamenti legislativi americani riguardanti l’interruzione della gravidanza. Ha anticipato la decisione della Corte Suprema con una legislazione antiabortista e ha introdotto una delle leggi più severe al mondo, che vieta l’aborto dopo la sesta settimana di gravidanza, senza eccezioni, nemmeno in caso di gravi malformazioni fetali o gravidanze derivanti da stupri o violenze.
Lo studio ha confrontato la mortalità neonatale in Texas con quella di altri 28 stati americani tra il 2018 e il 2022, creando una media statistica di riferimento per calcolare i decessi neonatali attesi in un determinato anno. I risultati hanno rivelato che dall’entrata in vigore della legge antiabortista, i decessi nel primo anno di vita in Texas sono aumentati del 13% rispetto agli anni precedenti, con un significativo incremento dei decessi causati da anomalie congenite, che hanno registrato un aumento del 22,9%.
Nello stesso periodo, negli altri Stati Uniti, la mortalità neonatale generale è aumentata solo dell’1,8%, mentre quella legata ad anomalie congenite è diminuita del 3,1%. Prima delle nuove normative, era possibile interrompere legalmente la gravidanza in caso di anomalie fino alla ventesima settimana di gestazione, e talvolta anche oltre, come ha sottolineato Alison Gemmill, professore alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e primo autore dello studio.
Studi precedenti hanno evidenziato che dopo l’entrata in vigore della legge texana, nel 2022, sono state registrate oltre 16.000 nascite in più rispetto agli anni precedenti, con un significativo aumento delle gravidanze tra le minorenni per la prima volta in 15 anni. I risultati dello studio necessitano di ulteriori conferme, ma indicano i potenziali danni derivanti dalle restrizioni sull’aborto, sia in termini di salute femminile che di mortalità infantile.
Per avere una visione più completa della situazione, occorre attendere i prossimi risultati delle ricerche condotte da Gemmill. Il Texas ha anticipato ciò che potrebbe accadere con la sentenza Dobbs, come ha concluso il ricercatore. È fondamentale esaminare l’impatto della sentenza Dobbs sulla mortalità infantile come prossimo passo per comprendere appieno le conseguenze delle restrizioni sull’aborto.