Cronaca

Il pentimento di Sandokan: fine della collaborazione con la Procura di Napoli

Le dichiarazioni del boss dei Casalesi non convincono gli inquirenti

Il pentimento di Sandokan: fine della collaborazione con la Procura di Napoli

La Procura di Napoli ha deciso di interrompere il percorso di collaborazione avviato cento giorni fa dall’ex capoclan dei Casalesi Francesco ‘Sandokan’ Schiavone. Gli inquirenti hanno deciso di revocare il programma di protezione cui era stato sottoposto l’ex boss della Camorra, ritenendo che le sue dichiarazioni non fossero utili, bensì un pentimento bluff. Di fatto, Sandokan ritorna al regime carcerario del 41 bis.

Le aspettative erano alte riguardo alle rivelazioni che ci si attendeva da Schiavone, in particolare su misteri irrisolti come l’omicidio in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino e i loschi intrecci tra camorra e politica, compreso il traffico di rifiuti tossici. Tuttavia, nulla di tutto ciò è emerso dalle sue dichiarazioni. Sandokan è sempre stato restio alla visibilità mediatica, rifiutando riprese video e fotografie durante il processo, dichiarando di non essere una “fiera da gabbia”.

La decisione di pentirsi giunse solo la scorsa primavera, dopo anni di detenzione. Si era ipotizzato che questo gesto potesse essere un messaggio per scoraggiare eventuali tentativi di riorganizzazione del clan da parte di altri, ponendo così fine alle aspirazioni di possibili successori. L’inizio della collaborazione era stato preceduto da segnali di cedimento, come la richiesta di rito abbreviato durante il processo per un triplice omicidio avvenuto nel 1983, segno di una possibile stanchezza.

Successivamente, il trasferimento al carcere di L’Aquila, dove chiese di parlare con i magistrati per rivelare le sue “verità nascoste”. Tuttavia, gli inquirenti hanno deciso di revocare il programma di protezione, poiché le sue dichiarazioni non hanno portato elementi di novità o interesse investigativo. Di conseguenza, il Ministero della Giustizia ha disposto il ritorno di Sandokan al regime di detenzione del 41 bis.

Schiavone, arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel maxi processo Spartacus per diversi omicidi, si unisce così al figlio primogenito Nicola, pentitosi nel 2018, e al secondo figlio Walter, che ha seguito le sue orme nel 2021.