Il mistero di Marco Pantani: nuove indagini sulla sua morte e il caso doping
La verità dietro la squalifica al Giro d'Italia 1999 e le accuse di coinvolgimento della camorra
La sera del 14 febbraio del 2004, Marco Pantani venne trovato morto in una stanza del Residence ‘Le Rose’ di Rimini. Tre inchieste avevano concluso che la causa del decesso fosse un’overdose e che Pantani si trovasse da solo nella camera del residence. Tuttavia, dietro a quella tragica vicenda che portò alla morte di uno dei più grandi ciclisti italiani di sempre, si nasconde un fatto avvolto nel mistero, su cui è stata recentemente aperta una nuova indagine condotta dal pubblico ministero Patrizia Foiera.
La Direzione distrettuale antimafia della Procura di Trento ha avviato un’indagine, senza indagati, in base all’articolo 416bis del Codice penale, che riguarda l’associazione di stampo mafioso. La pm trentina intende fare chiarezza anche sul presunto coinvolgimento della criminalità organizzata. Si è ipotizzato che la camorra avesse scommesso miliardi sul ritiro di Pantani al Giro d’Italia del 1999, come testimoniano le dichiarazioni dell’ex criminale Renato Vallanzasca, il quale dieci anni fa rivelò di aver ricevuto l’indicazione di scommettere contro il Pirata perché non avrebbe completato la corsa.
La vicenda si arricchisce di un nuovo colpo di scena oggi, dopo 25 anni, con l’affermazione della Federazione medico-sportiva italiana (Fmsi) di non aver mai effettuato i test che portarono alla squalifica di Marco Pantani a Madonna di Campiglio la mattina del 5 giugno 1999. Il controllo rivelò un’emocriti troppo elevato, 52 anziché 50, che portò all’immediata esclusione del ciclista dalla Corsa Rosa, mentre era in testa con oltre sei minuti di vantaggio sul secondo in classifica.
L’emocriti oltre il limite era un chiaro segnale di possibile utilizzo di Epo, una sostanza che stimola la produzione di globuli rossi e migliora le prestazioni atletiche. Pantani e la sua squadra, la Mercatone Uno, erano consapevoli del controllo antidoping previsto per quel giorno e avevano effettuato un controllo preventivo sul sangue del Pirata, che risultò regolare, così come un secondo controllo eseguito successivamente, che confermò un valore di 48.
Nel 2016, l’ex Procuratore della Repubblica di Forlì, Sergio Sottani, tentò di dimostrare un’alterazione delle provette, senza successo. La Federazione ha dichiarato che nessun controllo ematico su Marco Pantani fu effettuato dai medici Doping control officer (Dco) della Fmsi e che i campioni non furono mai analizzati nel loro laboratorio antidoping all’Acqua Acetosa, unico in Italia accreditato dall’Agenzia mondiale antidoping. Tutto il processo del 5 giugno fu gestito dall’Unione ciclistica internazionale.
Le nuove indagini sono state avviate anche dai legali della famiglia di Pantani, che da sempre sostengono la tesi di una morte violenta del campione e di una presunta ‘trappola’ orchestrata con il test antidoping.