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Giorgia Meloni smentisce l’abolizione dell’assegno unico: la battaglia politica continua

La presidente del Consiglio difende la misura contro la Commissione Europea

Giorgia Meloni smentisce l’abolizione dell’assegno unico: la battaglia politica continua

Nuova sortita sui social per la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che compare nuovamente in un video insieme al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. In questa occasione, la premier utilizza i suoi canali per smentire la voce, circolata di recente, riguardante un’abolizione dell’assegno unico per le famiglie.

Con un viso sorridente ma una voce palesemente stizzita, Meloni esordisce insieme al ministro Giorgetti, sottolineando la necessità di diffidare delle ricostruzioni giornalistiche riguardanti una legge di bilancio che deve ancora essere redatta. La presidente afferma che abolire l’assegno unico significherebbe uccidere la misura, sottolineando che tale assegno è stato aumentato e difeso a livello europeo per evitare problemi, considerando che la Commissione Europea ha richiesto che venga esteso anche ai lavoratori immigrati presenti in Italia.

Oggi, la notizia circolata è che il governo sarebbe prossimo ad abolire l’assegno unico, una misura che è stata oggetto di battaglie politiche proprio per evitare complicazioni. Meloni sottolinea che la Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia, sostenendo che i lavoratori stranieri che contribuiscono al sistema di sicurezza sociale e pagano le stesse tasse dei lavoratori locali hanno diritto alle stesse prestazioni di sicurezza sociale.

Questo principio, che in altri Paesi dell’Unione Europea può sembrare ovvio, in Italia entra in conflitto con la linea politica dell’attuale esecutivo, il quale mira a garantire benefici e servizi prioritariamente agli italiani, relegando gli stranieri in secondo piano, nonostante il loro contributo economico attraverso il lavoro e le tasse versate. La Commissione Europea ritiene che questa limitazione non sia compatibile con il diritto dell’Unione Europea, poiché costituisce una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili dell’Unione, violando il principio di parità di trattamento delle persone indipendentemente dalla nazionalità.