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Mandato di arresto Putin: Mongolia e la sfida della Corte penale internazionale

Il presidente russo rischia l'arresto in Mongolia dopo il mandato della Cpi per crimini di guerra in Ucraina

Mandato di arresto Putin: Mongolia e la sfida della Corte penale internazionale

La Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin nel marzo del 2023 per sospetti crimini di guerra in Ucraina. Tuttavia, il presidente russo potrebbe evitare l’arresto quando domani sarà in Mongolia, il primo Stato membro della Cpi che visita dopo l’emissione del mandato di cattura. Lo scorso anno, la Corte ha accusato Putin di crimini di guerra legati alla deportazione illegale di bambini dall’Ucraina alla Russia, emettendo anche un mandato di arresto per la commissaria russa per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, per gli stessi reati. Le accuse riguardano eventi avvenuti in Ucraina a partire dal febbraio 2022, durante l’invasione russa nel Paese confinante.

Nonostante la Mongolia abbia firmato lo Statuto di Roma nel 2002 e ci sia un mandato di arresto internazionale per Putin, è improbabile che il presidente russo venga arrestato durante la sua visita nel paese. La portavoce della Cpi, Fadi el-Abdallah, ha spiegato che i funzionari mongoli sono tenuti a rispettare le norme della Corte, ma questo non implica necessariamente un arresto, poiché la Cpi non dispone di una propria forza di polizia e dipende dalla cooperazione degli Stati membri per eseguire i mandati di arresto.

L’Ucraina e l’Unione Europea hanno esortato la Mongolia a rispettare gli obblighi legali dello Statuto di Roma della Cpi e ad arrestare Putin. Tuttavia, il Cremlino sembra non preoccuparsi del viaggio del presidente in Mongolia, dove parteciperà alle celebrazioni dell’85° anniversario della vittoria sovietico-mongola sulla Giappone nella battaglia di Khalkhin Gol.

Precedenti episodi simili sono già accaduti in passato, con solo 21 su 49 mandati di arresto emessi dalla Cpi dal 2002 che hanno portato a detenzioni e processi. Alcuni leader ricercati dalla Corte, come l’ex presidente del Sudan Omar al-Bashir, sono riusciti a viaggiare in Stati membri senza conseguenze, nonostante i mandati di arresto a loro carico.