Contratto metalmeccanici: impasse su aumenti salariali e sciopero annunciato
Sindacati e datori di lavoro in disaccordo sul rinnovo contrattuale nel settore metalmeccanico
La rottura tra sindacati e datori di lavoro sul rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici è ormai evidente. Al tavolo delle trattative, Federmeccanica-Assistal e Fiom, Fim e Uilm non riescono a trovare un accordo, soprattutto riguardo agli aumenti salariali. I sindacati hanno deciso di iniziare la mobilitazione con il blocco degli straordinari e delle flessibilità in tutte le aziende del settore metalmeccanico, annunciando anche otto ore di sciopero da effettuare nelle prossime settimane.
I sindacati di categoria, ovvero Fiom, Fim e Uilm, chiedono un aumento salariale di 280 euro mensili sui minimi per il livello medio, da distribuire in tre anni. Dall’altra parte, le associazioni datoriali, Federmeccanica e Assistal, propongono di estendere a quattro anni la durata del contratto e di confermare gli aumenti in base all’inflazione (Ipca-Nei).
Secondo le previsioni dell’Istat, l’adeguamento dei minimi tabellari all’indice Ipca-Nei comporterebbe un aumento di 173,37 euro lordi per il livello C3 nel periodo 2025-2028, cifra da adeguare in base ai dati effettivi.
La rottura era già nell’aria, con il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, che prima dell’incontro descriveva le distanze con le associazioni datoriali. Federmeccanica sostiene che il contratto dei metalmeccanici prevede già un meccanismo di recupero dell’inflazione, sottolineando che non sono disposti a contratti a zero euro.
Federmeccanica e Assistal avevano proposto unicamente l’aumento in base all’inflazione (Ipca-Nei) e 700 euro annui per i lavoratori delle aziende che non hanno contratti integrativi, con un rapporto tra margine operativo lordo e fatturato superiore al 10%, incrementale rispetto all’anno precedente. Inoltre, erano stati proposti una serie di altri strumenti che influenzano i livelli salariali, sociali e del welfare.