Scandalo all’Università di Genova: fotomontaggi pornografici e proteste
Studentesse coinvolte, tensioni e divisioni nel caso del professore accusato
Le proteste contro il professore dell’Università di Genova, accusato di utilizzare un software di intelligenza artificiale per creare fotomontaggi pornografici di sei studentesse, continuano senza sosta. Le foto delle studentesse sarebbero state rubate e poi elaborate digitalmente per creare immagini hard. La vicenda è emersa nel mese di ottobre e ha portato all’immediata sospensione del docente, professore associato presso la facoltà di Architettura. Le indagini sono in corso e sono coordinate dal sostituto procuratore Federico Panichi, che ha ordinato l’analisi dei dispositivi informatici sequestrati.
L’Università è ancora scossa da questa vicenda, con tensioni interne che coinvolgono anche le studentesse stesse. Il collettivo “Cambiare Rotte” ha organizzato una protesta molto visibile, con alcune studentesse che si sono incatenate davanti al Rettorato per chiedere l’istituzione di un centro antiviolenza. Secondo il collettivo, la vicenda del professore indagato mette in luce un quadro di violenze più sottili e diffuse. Le studentesse ribadiscono la loro determinazione a non essere vittime e a non accettare dinamiche malate all’interno dell’università.
Alcune presunte vittime si sono distanziate dalle proteste, accusando i membri di “Cambiare Rotte” di approfittare dello scandalo. Attraverso un volantino anonimo diffuso in Università, le sei studentesse coinvolte nella denuncia contro il docente esprimono il loro dissenso nei confronti del collettivo. Contestano il modo in cui il collettivo sta gestendo la situazione, definendolo eccessivamente veloce, semplificativo e privo di tatto. Le presunte vittime sottolineano l’importanza di seguire l’iter legislativo corretto in queste circostanze.
Le studentesse coinvolte sottolineano che la situazione è psicologicamente difficile per loro e che la caccia alle streghe in corso è dannosa per il Dipartimento, le indagini e per loro stesse. Esprimono fiducia nelle persone competenti che stanno seguendo il caso e chiedono di rispettare il loro anonimato in questa delicata situazione. Infine, specificano che il messaggio non verrà recapitato direttamente da loro e chiedono di rivolgersi a terzi per ulteriori informazioni.
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