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Zerocalcare: la verità sul rapporto con suo padre

Il fumettista romano si mette a nudo nel suo ultimo libro

Zerocalcare: la verità sul rapporto con suo padre

Da Zerocalcare e Michele Rech, il fumettista romano ha raggiunto l’apice del successo con la serie tv Netflix “Strappare lungo i bordi”, seguita da “Questo mondo non mi renderà cattivo”. Nel suo ultimo libro, “Quando muori resta a me”, si mette a nudo raccontando la sua storia più intima, lasciando da parte il personaggio noto al pubblico. Questa volta, il focus è sul rapporto con suo padre, un rapporto che definisce “arrugginito” a causa della separazione dei genitori.

Zerocalcare non si addossa la colpa della situazione: “Non credo di essere stato un ragazzino che ha subito gli eventi, come il divorzio dei miei”, ha spiegato in un’intervista al settimanale Oggi. “Ero consapevole di quanto accadeva e so che alcune cose successe tra me e mio padre sono dipese dalla mia pigrizia, dal non aver fatto la mia parte nel coltivare il nostro rapporto. Gli adulti pensano sia responsabilità loro fare certi passi, ma io sono un po’ presuntuoso, credo di esser stato un bambino più sveglio degli altri: quindi ci potevo arrivare a capire che toccava anche a me”.

Nella scrittura non ha risparmiato nel raccontare la verità, e per il padre è stata una sorpresa: “Lui si era convinto che stessi facendo il tema delle medie su ‘quanto è bravo mio papà’, l’ha detto agli amici, al sindaco del paesino veneto in cui si svolge parte della storia. E quando ha letto ciò che avevo scritto è rimasto un po’ così”.

Dopo la separazione, Zerocalcare, che aveva solo 5 anni, è cresciuto con sua madre e la sua nuova compagna. Nel libro, ha raccontato di aver chiesto il permesso a sua madre per parlare di questa situazione: “Mia madre me lo ha dato. Mi ha detto solo: ‘Fai come te pare’. Io però credo di aver trattato la cosa con grande eleganza”.

Essere andato a vivere con la mamma ha generato in lui un profondo senso di colpa da bambino, come ha raccontato ai microfoni di Deejay Chiama Italia: “Mi ricordo che il mio grosso senso di colpa è stato: ‘Io e mia madre andiamo via e lasciamo mio padre da solo’. Quella cosa l’ho vissuta molto male. Mi faceva tristezza. A cinque anni è sbagliato provare pena verso un genitore. Ma lui non faceva il matto o disperava, ero io che sentivo che stavo facendo qualcosa di strano”.