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La battaglia di Martina Oppelli per il suicidio assistito in Italia

La lotta di una donna affetta da sclerosi multipla per il diritto a morire con dignità nel proprio Paese

La battaglia di Martina Oppelli per il suicidio assistito in Italia

Martina Oppelli, 49 anni, affetta da sclerosi multipla dal 28° anno di vita, ha lanciato un appello ai parlamentari italiani tramite un video. Nel video, la donna ha espresso il desiderio di morire nel Paese in cui ha scelto di vivere e pagato le tasse, con un sorriso sul viso. Ha dichiarato di aver diffidato l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (Asugi) dopo il rifiuto di concederle l’accesso al suicidio medicalmente assistito, definendo la sua richiesta come eutanasia.

Oppelli ha sottolineato che potrebbe essere costretta a recarsi in Svizzera per accedere alla morte volontaria assistita, poiché dipende totalmente dagli altri per le attività quotidiane come mangiare e bere. Nel video, ha evidenziato la sua totale dipendenza e la necessità di assistenza costante.

Nel 2023, Martina Oppelli aveva presentato una richiesta alla Asugi per accedere al suicidio medicalmente assistito, ma non aveva ricevuto risposta dopo essere stata visitata da una commissione medica multidisciplinare. Dopo vari solleciti, le era stato comunicato che la sua richiesta non poteva essere accolta a causa del mancato requisito del trattamento di sostegno vitale.

Di conseguenza, lo scorso febbraio, assistita dal collegio legale dell’associazione Luca Coscioni, Oppelli ha diffidato l’azienda sanitaria affinché rivalutasse immediatamente le sue condizioni di salute. Tuttavia, l’Asugi ha respinto la richiesta sostenendo di non avere l’obbligo di rivedere una decisione precedente e che tale richiesta contrastava con il principio di ‘economicità’ nella pubblica amministrazione.

Successivamente, tramite i suoi legali, Martina Oppelli ha presentato un ricorso d’urgenza per chiedere che l’Asugi fosse condannata a rivalutare il requisito del ‘trattamento di sostegno vitale’ e a individuare il farmaco letale, le sue quantità e la modalità di autosomministrazione, al fine di poter accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia.

Architetta di professione, Martina Oppelli continua a lavorare grazie all’uso dei comandi vocali, essendo totalmente dipendente dall’assistenza altrui a causa della sua grave condizione di sclerosi multipla secondaria progressiva evoluta con limitazioni motorie estreme e dolori diffusi poco controllati dalla terapia.

In Italia, l’eutanasia è illegale, ma è possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito in base alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Le condizioni richieste includono la piena capacità di intendere e volere, la presenza di una patologia irreversibile che provochi gravi sofferenze fisiche o psichiche e la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, requisito non riconosciuto nel caso di Martina Oppelli.

Il suicidio assistito e l’eutanasia condividono la volontà consapevole della persona che ne fa richiesta e l’esito finale desiderato, ma si differenziano per le modalità di esecuzione e coinvolgimento altrui. Mentre nel suicidio medicalmente assistito è il paziente a somministrarsi il farmaco letale, nell’eutanasia è previsto l’intervento di un medico per la somministrazione.

Nonostante la possibilità di varare una legge in materia, il parlamento italiano sembra essere paralizzato su questi delicati temi, come ha recentemente spiegato Marco Cappato in un’intervista.