Cronaca

Il caso Regeni: il tradimento e la lotta per la verità

La tragica vicenda di Giulio Regeni e il processo contro gli agenti egiziani

Il caso Regeni: il tradimento e la lotta per la verità

Giulio Regeni, prima di essere torturato e ucciso, dichiarava di essere in Egitto esclusivamente per motivi di ricerca. Durante il processo a Roma contro quattro agenti egiziani, è stato proiettato in aula un video del 7 gennaio 2016, registrato durante l’incontro tra Regeni e Said Abdallah, rappresentante del sindacato degli ambulanti del Cairo, colui che alla fine lo tradirà. La registrazione, della durata di oltre due ore, è stata ottenuta tramite una telecamera nascosta posizionata dai servizi segreti sulla camicia del sindacalista. Abdallah, in modo insistente, chiedeva informazioni sull’attività di Regeni, sul progetto da 10 mila sterline finanziato dalla fondazione britannica Antipode e sul ruolo del ricercatore friulano. Regeni spiegava che il denaro poteva essere investito in progetti non governativi affidati ai privati, specificando che era in Egitto esclusivamente per la ricerca e non aveva voce in capitolo sui soldi.

Il video si conclude con Abdallah che contatta uno degli agenti segreti coinvolti nel processo, esprimendo preoccupazione che il video potesse essere cancellato e chiedendo istruzioni su come procedere. Pochi giorni dopo, Giulio scomparirà per essere ritrovato senza vita il 3 febbraio 2016.

Nel corso del processo, l’avvocato dei Regeni, Alessandra Ballerini, sottolinea che Giulio non è mai caduto nelle trappole dell’ambulante, mostrandosi sempre molto chiaro nelle sue risposte. Secondo l’avvocato, Regeni e Abdallah parlavano letteralmente due lingue diverse, non solo per la differenza tra l’arabo classico di Giulio e il dialetto egiziano di Abdallah, ma anche per i loro intenti contrastanti: Giulio era lì per aiutare, mentre Abdallah era lì per tradirlo e consegnarlo alla National Security.

Durante le udienze del processo, il colonnello del Ros Onofrio Panebianco ha testimoniato che la National Security egiziana aveva acquisito il passaporto di Regeni già a metà dicembre. Inoltre, i servizi segreti egiziani avevano ottenuto una copia del progetto su cui stava lavorando Regeni, finanziato per 10 mila sterline, circa un mese prima della sua scomparsa nella zona della stazione metro di Dokki.

L’Egitto ha rifiutato la cooperazione giudiziaria con l’Italia nel caso Regeni, confermando che non sarebbe possibile ascoltare quattro testimoni egiziani nell’udienza in corso. Tra di loro figurano Said Abdallah, Hoda Kamel Hussein, coordinatrice di un Centro per i diritti economici e sociali, e Rabab Ai-Mahdi, tutor di Regeni al Cairo. Il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco ha chiesto alla Corte d’Assise di poter utilizzare le testimonianze raccolte durante le indagini, sottolineando che i testimoni assenti non avevano scelto liberamente di non comparire in aula. La difesa della famiglia Regeni ha denunciato l’ostruzionismo egiziano, definendolo insormontabile e negando qualsiasi forma di collaborazione da parte delle autorità egiziane.

Staff
  • PublishedJune 19, 2024