Omicidio a Vigonza: il mistero del Lorazepam
La verità dietro la morte di Giada Zanola svelata dagli esami tossicologici
La conferma definitiva e macabra è giunta in seguito agli esami tossicologici sul corpo di Giada Zanola, la 33enne deceduta a Vigonza dopo essere stata gettata da un cavalcavia sull’autostrada A4 nella notte tra mercoledì 29 e giovedì 30 maggio. I risultati hanno rivelato la presenza di consistenti quantità di Lorazepam, noto psicofarmaco commercializzato con il nome di Tavor, nel corpo della vittima. Al contrario, non sono state riscontrate tracce di tale sostanza nei capelli di Andrea Favero, il 38enne compagno di Giada, attualmente accusato dell’omicidio. Questi esami tossicologici sembrano contraddire le dichiarazioni del camionista 38enne, il quale aveva affermato di utilizzare il farmaco per favorire il sonno. Attualmente, l’uomo si trova in custodia cautelare presso il carcere di Padova.
La situazione si fa ancor più intricata se si considera che Favero, dopo le perquisizioni effettuate presso la loro abitazione e l’auto in cui viveva con Giada Zanola, durante le quali erano stati rinvenute cinque boccette di Lorazepam, aveva dichiarato di assumere il farmaco da alcuni mesi per conciliare il sonno. Tuttavia, i risultati delle analisi sembrano smentire tale versione. Si ipotizza, quindi, che l’uomo abbia potuto aver sedato Giada Zanola con il psicofarmaco per poi trasportarla in auto fino al cavalcavia, dove l’avrebbe gettata sull’autostrada sottostante.
Le prime informazioni emerse dall’autopsia suggeriscono che Giada fosse ancora viva al momento della caduta da un’altezza di 15 metri. L’esame autoptico, condotto dal professor Claudio Terranova dell’Università di Padova, ha escluso la presenza di segni di strangolamento o ferite da arma da taglio sul corpo della vittima. Tuttavia, sono stati individuati alcuni lividi che confermano un litigio avvenuto tra la donna e il suo compagno circa due giorni prima del tragico evento.
In settimane precedenti, la polizia scientifica ha effettuato una perquisizione presso l’abitazione dove la coppia risiedeva con il loro figlio di tre anni, sequestrando materiale informatico. Tuttavia, il cellulare di Giada è risultato essere scomparso. Attualmente, un perito informatico è al lavoro per analizzare il telefono e il computer del camionista.