Politica

Il decreto Piantedosi e il soccorso in mare dei migranti: la sfida alla Corte Costituzionale

La valutazione della legittimità del decreto e le implicazioni per le organizzazioni umanitarie

Il decreto Piantedosi e il soccorso in mare dei migranti: la sfida alla Corte Costituzionale

Il soccorso in mare dei migranti è uno dei cardini fondamentali della società odierna. Tuttavia, il cosiddetto decreto Piantedosi è attualmente oggetto di valutazione da parte della Corte Costituzionale. È stata la magistrata brindisina Roberta Marra a sollevare dubbi sulla legittimità del decreto davanti alla Consulta.

La questione è emersa nel contesto del ricorso presentato contro il fermo della nave Ocean Viking di Sos Mediterranee, disposto lo scorso 9 febbraio a Brindisi dalla Guardia Costiera per presunte violazioni del decreto. L’imbarcazione, che trasportava 261 migranti, di cui 68 minori non accompagnati, era giunta a Brindisi dopo aver effettuato operazioni di soccorso in acque internazionali al largo della Libia. Il sequestro è durato 20 giorni e l’ONG ha anche ricevuto una sanzione amministrativa.

Il decreto, adottato nel gennaio 2023 e intitolato al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, impone alle navi delle organizzazioni umanitarie di fare rientro nel porto più vicino dopo un soccorso in mare, senza possibilità di ulteriori interventi. Inoltre, prevede il sequestro amministrativo nel caso in cui la nave operi in presenza della guardia costiera libica, una disposizione fortemente contestata dalle ONG che non considerano la Libia un luogo sicuro e accusano la guardia costiera di violenze e abusi sui migranti.

È la prima volta che un’intera legge viene messa in discussione dal punto di vista costituzionale. Le organizzazioni umanitarie ritengono il decreto Piantedosi ingiusto e discriminatorio, e la decisione del tribunale di Brindisi è stata accolta come un grande successo e una giornata storica. Giorgia Girometti, responsabile comunicazione operazioni di Sos Mediterranee, ha dichiarato che la sentenza tiene conto delle critiche mosse fin dall’inizio.

Gli attivisti contestano la natura rigida e automatica del fermo di 20 giorni e la mancanza di proporzionalità e individualizzazione della sanzione rispetto al caso dell’Ocean Viking. Inoltre, sottolineano gli obblighi internazionali dell’Italia nel riconoscere e legittimare l’azione di soccorso delle autorità libiche, non considerate né porto sicuro né capaci di coordinare operazioni di salvataggio.

La Consulta dovrà ora esprimersi sulla costituzionalità del decreto, che da mesi è oggetto di scontro tra il governo e le associazioni umanitarie.