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Fine delle agevolazioni per lo smart working: cosa cambia per i lavoratori

Le agevolazioni per il lavoro da remoto, introdotte durante la pandemia, sono scadute il 1° aprile. Dipendenti dovranno tornare in ufficio, salvo accordi diversi. Le norme non prorogate aprono nuove prospettive lavorative.

Fine delle agevolazioni per lo smart working: cosa cambia per i lavoratori

Le agevolazioni per il lavoro da remoto, noto come smart working, sono giunte al termine il 1° aprile. Queste agevolazioni erano state introdotte durante la pandemia da Covid-19 per alcune categorie di dipendenti del settore privato e successivamente prorogate più volte. Di conseguenza, a partire da oggi, i lavoratori dovranno tornare in ufficio, a meno che il datore di lavoro non decida di adottare regole diverse.

Le norme scadute il 31 marzo permettevano ai dipendenti del settore privato con almeno un figlio di meno di 14 anni e alle persone considerate fragili, come coloro esposti al rischio di contagio da Covid-19 a causa di malattie immunodepressive o patologie oncologiche, di lavorare da remoto. Queste agevolazioni sono state introdotte nel maggio del 2020 con il decreto Rilancio e prorogate più volte, anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria.

La scadenza è stata fissata al 31 marzo 2024 con il decreto Anticipi, senza ulteriori modifiche o proroghe incluse nel recente decreto Milleproroghe, che annualmente rinnova la validità di alcune norme in scadenza. Pertanto, i dipendenti del settore privato che fino a ieri potevano lavorare da casa in base alla legge dovrebbero teoricamente tornare in ufficio a partire da oggi, festività nazionale in cui molti uffici sono chiusi.

Tuttavia, le aziende potrebbero stipulare accordi diretti con i dipendenti o adottare regole interne per mantenere la flessibilità. Le agevolazioni per i dipendenti pubblici erano già scadute il 31 dicembre. Non è ancora chiaro quanti lavoratori abbiano effettivamente beneficiato delle agevolazioni per il lavoro da remoto introdotte durante la pandemia. Secondo una ricerca condotta dal Politecnico di Milano lo scorso novembre, si stima che siano stati circa 3,7 milioni.

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